DRESSAGE PER SPORT, DRESSAGE PER INCLUSIONE

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Luigi, cavaliere disabile di lungo corso

Dopo tanto parlare del valore sociale dello sport e dell’inclusione praticata attraverso di esso, diamo voce a chi li vive da dentro, da Atleta diversamente abile, da appassionato dello sport e della vita: un Cavaliere che monta in Dressage e frequenta regolarmente i circuiti ASI di Discipline Integrate. Riflessioni e spunti in un mondo che lavora per l’inclusione, ma che mantiene ancora separate Olimpiadi e Paralimpiadi.

“Quanti genitori, appena il proprio figlio riesce a tenersi in piedi e camminare da solo, pensano a quale sport fargli fare? Calcio, perché magari diventa ricco e famoso? Pallavolo o Pallacanestro, così impara a fare gioco di squadra ? Oppure … Il rugby no, che poi si fanno male … Tutto vero e giusto (o forse no), ma se il figlio nascesse disabile? Che fare? Cosa non fare?”

Se fino a qualche decennio fa il figlio disabile era ritenuto un peso per la famiglia, quasi una vergogna da nascondere, ultimamente, direi per fortuna, la società civile sta mettendo in campo soluzioni per aiutare nell’integrazione le persone con difficoltà e specialmente il mondo dello sport ha intuito come anche un disabile possa esprimere le sue capacità/qualità in questo ambito. La televisione ha capito di essere uno strumento molto importante per la divulgazione di questa “faccia dello sport” mostrando le performance sportive di atleti disabili in qualsiasi disciplina, esaltando e/o criticando quanto mostrato.

Ma lo sport disabile, così come per i normodotati, oltre alla vetrina delle grandi manifestazioni, vive anche di una “rappresentanza silenziosa e nascosta”: tutte quelle persone che si cimentano in un’attività per il puro gusto di esercitarla. Le motivazioni che spingono alla pratica sportiva possono essere molteplici; ognuno di noi, parlo da disabile, ha un motivo, una causa scatenante o più semplicemente il desiderio di praticare uno sport.

Ma anche i benefici, aspetto a volte trascurato, ma anch’esso molto importante, indipendentemente dalla disabilità di cui si soffre, rappresentano una spinta, uno stimolo, una “sfida”. Benefici riscontrabili sia da un punto di vista puramente fisico, nella pratica stessa dello sport con tutte le limitazioni che la disabilità presenta, così come dal punto di vista dell’aspetto mentale, dove l’attenzione e la concentrazione poste nello svolgimento della pratica sportiva scelta, “obbligano” il disabile alla messa in pratica di questi duplici aspetti che altrimenti non verrebbero sviluppati. Senza dimenticare poi lo spirito di competitività che spinge atleti disabili, e non, a migliorare e superare le proprie prestazioni.

Le sfide che un disabile si trova ad affrontare nella quotidianità, trovano una sana e piacevole valvola di sfogo nello sport …

Un ambito che dà la possibilità di crescere, di gioire, di soffrire e di condividere esperienze che non sarebbero possibili altrimenti