Ribot, l’imbattuto campione italiano del galoppo, aiutò l’Italia del dopoguerra ad acquistare un nuovo orgoglio!

Il prossimo luglio saranno 65 anni da quando il famosissimo Ribot, cavallo da galoppo, esordì e vinse sui mille metri del premio Tramuschio a San Siro, un ippodromo prestigioso dove si incontravano solo purosangue super dotati e persone raffinate ed eleganti che perdevano un po’ del loro aplomb unicamente quando il destriero dei loro sogni non concludeva la gara come avrebbero sperato!   Si racconta che, in quell’occasione, una sua sorellastra e compagna di scuderia, Donata Veneziana, gli abbia “dato strada” per agevolare il suo temperamento piuttosto difficile e la sua inesperienza in corsa.

Ribot nacque nel 1952 a Newmarket da tenerani e romanella. Fu allevato da Federico Tesio nella scuderia di Dormello Olgiata.

Era nato in Inghilterra, a Newmarket, il 27 febbraio 1952, da Tenerani, campione conosciuto per svariate vittorie in competizioni prestigiose quali “Il derby italiano di galoppo” ed altro, e da Romanella; era di proprietà della scuderia novarese di Dormello, legata dal 1932 alla romana Olgiata, e venne allevato dal mago Federico Tesio che gli diede, come era solito fare con i suoi purosangue, il nome di Théodule-Augustin Ribot, un pittore realista francese non particolarmente famoso, che verrà ricordato proprio per merito del suo omonimo equino. Sebbene il puledro fosse piccolo e non proprio ben proporzionato, tanto che, guardandolo, Tesio disse “è brutto”, decise di farlo diventare un cavallo da corsa se non altro per la genealogia dei suoi genitori ed antenati. Fu anche definito il piccolo mulo da Luigi Gianoli, il grande giornalista sportivo che scriveva elegantemente e velocemente come i cavalli che amava, sulla Gazzetta dello Sport; le sue doti nascoste, però, furono portate allo scoperto tramite un duro lavoro di allenamento. Ebbe capacità aerobiche superiori alla media ed una ferrea ostinazione che lo sostenne sempre in gara.

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, l’Italia, sconfitta, ferita e completamente a terra, aveva bisogno di riscattarsi e quel cavallino dalla testa grossa, con le sue continue vittorie nazionali ed internazionali, diventò, insieme a Bartali, Coppi, Boniperti, Virgili, Ascari e Fangio, i grandi sportivi umani di quel dopoguerra, l’emblema di una terra pronta a riemergere, a mostrare al mondo un nuovo orgoglio. E sarà proprio Ribot ad infondere tale sentimento battendo i più grandi galoppatori francesi ed inglesi, facendo così parlare dell’Italia in modo positivo ed entusiastico.

Ribot in carriera disputò 16 corse e fu sempre imbattuto

Il grande Federico Tesio morì prima di potersi rimangiare quel “è brutto” che aveva esclamato guardando il puledro Ribot, ma la decisione di crescerlo come un campione portò alla sua scuderia onori a non finire. Non bisogna dimenticare che a guidare Ribot, per i brevi anni della sua folgorante carriera agonistica, fu il fantino Enrico Camici che può vantare un palmares di 16.575 corse disputate con 4.100 vittorie! Questo binomio, costituito da due atleti senza pari, vinse 16 corse, tutte quelle disputate cioè, tra cui vanno ricordate la prestigiosa King George and Queen Elisabeth Stakes di Ascot ed i due Prix de l’Arc de Triomphe di Parigi. E’ giusto sottolineato che, nel mondo dell’ippica, l’Arc viene considerato come il Mondiale del galoppo quindi il cavallo del secolo o il figlio del vento, come veniva anche chiamato il piccolo Ribot, fu per ben due volte campione del mondo! Dopo la seconda vittoria all’Arc, il giornale Paris Turf  titolò: “Meilleur pure sangre in the world: 84.700 spectateurs ont eu hier la chance unique de voir en action la plus formidabile machine a courir qui ait jamais fonctionné sur un hippodrome: Ribot l’italien”. Credo, tuttavia, che il riconoscimento più importante da un punto di vista morale gli sia stato concesso da Sua Maestà la Regina Elisabetta II, presente ad Ascot in occasione della King George and Queen Elisabeth Stakes, per vedere e sostenere High Veldt, il suo purosangue. All’inizio sembrò che proprio quest’ultimo avesse in mano la vittoria perché rimase in testa della corsa fino agli ultimi 200 metri quando Ribot lo sorpassò vincendo di 5 lunghezze. L’entusiasmo fu tale che gli inglesi presenti si tolsero il cappello compiendo un gesto che era sempre e solo stato riservato ai cavalli vincenti della regina.  La sovrana, mostrando la sua sportività, ebbe per il suo proprietario parole di elogio; ”It is exciting to see a good horse winning; Ribot greatly amazed me”.

enrico camici fu il fantino che accompagnò ribot in ognuna delle sue vittorie

In un’unica occasione Enrico Camici non valutò che il terreno pesante della pista su cui correvano avrebbe causato delle difficoltà a Ribot che dovette strappare a Gail, il cavallo favorito, una vittoria che il suo fantino aveva erroneamente data per scontata. Con dieci lunghezze di distanza batté nuovamente Gail sui 2.000 metri del premio Emanuele Filiberto. Ma le dieci lunghezze date non furono un caso isolato perché riuscì ad infliggerne  15, nel Jockey Club di Milano, proprio a Norman, che   aveva vinto quel premio durante la stagione dell’anno prima.

E di vittoria in vittoria non ci fu storia per gli altri cavalli: batté il vincitore del Derby, Barba Toni, e Vittor Pisani, che aveva precedentemente conquistato il “Presidente della Repubblica”, così come distaccò di otto lunghezze il suo fratellastro e compagno di scuderia, Tissot. L’entusiasmo che i successi di questo super galoppatore suscitarono fu indescrivibile e, tramite la televisione che in quegli anni ’50 cominciava a trasmettere i primi programmi, aumentò in quanto Ribot fu conosciuto anche da quegli italiani che non frequentavano gli ippodromi; gli fu infatti dedicata una diretta tv, forse una delle prime nel nostro Paese, ed entrò nelle loro case. Di lui parlarono quotidiani e periodici; su di lui sono stati scritti libri di vario genere.

ritirato dalle corse entrò in razza a 5 anni

Nel 1957 fu ritirato dalle corse per entrare in razza ed ebbe così inizio il suo periodo da stallone in Italia, Inghilterra e Stati Uniti. Molti dei suoi discendenti, diventati campioni come, per esempio, Molvedo e Prince Royal, hanno vinto gare prestigiose. Alcuni di loro ottengono ancora oggi vittorie sia negli Stati Uniti che in Europa. La sua vita finì a Lexington, in Kentucky, il 28 aprile del 1972 quando aveva appena 20 anni a causa di una emorragia interna. Per rendergli omaggio gli fu assegnata una tomba; fatto, questo, abbastanza raro per un cavallo.  In occasione del centenario della nascita di Enrico Camici, fantino mai dimenticato dagli appassionati di quell’ippica che, rovinata dai preconcetti, in Italia  non c’è quasi più, il Circolo Filatelico Numismatico e Iconografico Pisano realizzò una cartolina, da utilizzare per un annullo celebrativo, su cui si vedono Camici e Ribot con sotto una didascalia che recita:” Fantino di Ribot”.

La storia di questo cavallo è destinata a diventare leggenda e a rimanere nel ricordo di tutti oggi e sempre. 

a cura di Aurelio Lulj